28 gennaio 2012

Mps, necessita un salvataggio che passa per la semi-nazionalizazione

Monte Paschi di Siena, ultima spiaggia?
La difficile situazione di Mps e le prospettive di una semi-nazionalizzazione spingono gli azionisti verso il disimpegno. Eba certifica ma non convince che la cura non debba passare da Cassa Depositi e Prestiti e un intervento congiunto di Intesa Sanpaolo. Il risultato di una gestione dai risultati infelici depreda un patrimonio ciquecentenario. Tho, non ci volevamo credere ma spunta "lo zampino" di Goldman Sachs.


Quando i topi scappano la nave affonda.
I marinai lo sanno, quando i topi iniziano a gettarsi fuoribordo, allora la nave è perduta. é un sesto senso che viene attribuito a questi roditori.
Non vuol essere irriguardoso verso l'ormai "ex" vicepresidente ma questa è la sensazione che si coglie dai suoi movimenti.
Dopo l'addio a Mps di Caltagirone che si trasferisce ad Unicredit (i gusti sono gusti), per la banca sienese (e non necessariamente a seguito delle dimissioni del vicepresidente) si aprono due scenari non necessariamente alternativi, dettati dalla necessità di tutelare la stabilità di sistema.
Si va verso un salvataggio di stato e dunque una semi-nazionalizazione dell'istituto, passando per la Cassa Depositi e nell’ambito di un aumento di capitale da 1-1,5 miliardi e l'altro intervento ipotizzabile è un ruolo di Intesa Sanpaolo nel piano di salvataggio, in quanto “banca di sistema”.

Le spinte per il disimpegno
Sono state queste prospettive forse ad indurre Franceso Gaetano Caltagirone ad abbandonare la "nave" insieme al motivo ufficiale di incompatibilità delle cariche interpretando in chiave restrittiva la norma, introdotta con la manovra di dicembre, sull’incompatibilità di incarichi in imprese finanziarie concorrenti, . Mps ha infatti un’alleanza con la compagnia assicurativa francese Axa, mentre Caltagirone è socio e vicepresidente delle Assicurazioni Generali. 
Il costruttore ed editore romano aveva già iniziato un disimpegno azionario nei giorni scorsi e a gurdato verso Unicredit grazie anche ad una possibile intesa con il vicepresidente Fabrizio Palenzona. A suggerigli di accellerare il passo è stato probabilmente anche la progressiva marginalizzazione subita a Siena e il timore che l'assenza di linee strategiche per uscire dal girone infernale da un problema che rischia di diventare il domino per la crisi dell'intero sistema finanziario italiano.

La diagnosi sul malato grave
Il polso di Mps lo ha tastato Eba e dai documentii ufficiali pubblicati, alla fine di settembre 2011 Mps aveva titoli di stato europei, in gran parte Btp, per 29,3 miliardi. Un ammontare pari a quasi quattro volte il patrimonio netto tangibile, calcolato cioè senza considerare avviamenti, marchi e altri elementi immateriali. Il doppio di qualunque altra banca. Ma Mps ha anche un problema industriale: la qualità dei ricavi e la redditività. Una parte significativa degli interessi netti deriva da titoli di stato: si possono stimare circa 500 milioni su un totale di 2.572 milioni nei primi nove mesi 2011. Nello stesso periodo la banca ha realizzato un utile consolidato di 303 milioni. Se si toglie la componente “cedola Btp”, il ritorno sul capitale proprio è irrisorio

Quando non si manovra con cura un'icona della storia
500 anni di storia della banca più antica del suolo italico non sono bastati a sopravvivere ai 5 anni dell'ultima gestione.
Le quotazioni di Banca Monte dei Paschi di Siena sono al minimo assoluto da quando le azioni sono quotate: 0,26 euro. Meno di un terzo di quanto valessero sul mercato alla fine del 2010, data in cui la minusvalenza implicita era già di 1,6 miliardi.
Sul bilancio 2010 si leggeva che  «l’attuale ribasso della quotazione di mercato del titolo non appare in alcun modo significativo». Con queste valutazioni, il duo Giuseppe Mussari e a Gabriello Mancini  – uno a capo della banca, l’altro dell’ente che la controlla – nei loro 5 anni di gestione hanno prodotto un sublimato borsistico che dallo storico tesoretto della città del Palio si è tramutato in una pericolosa mina vagante per il sistema banche italiano. Il patto di potere fra i due ha  prodotto strategie e scelte che rischiano ora di lasciare la fondazione, e il suo territorio di riferimento, con un pugno di mosche in mano.

Gira gira, spunta ancora Goldman Sachs
"Fiori" di Lady Goldman al funerale
del  "moribondo" Mps?
Più sullo specifico, Sul pacchetto di azioni ordinarie Mps che la fondazione aveva in carico a 3,3 miliardi a fine 2010, si ha una minusvalenza di 1,043 euro per titolo (=1,30 meno 0,2605) per un totale di 2,653 miliardi. C’è poi il capitolo delle nuove azioni sottoscritte con l’aumento di capitale di giugno scorso: 2.440 milioni di titoli pagati 1,088 miliardi (0,446 euro cadauno) ma che oggi valgono 635 milioni: un’altra perdita implicita, stavolta per 452 milioni. Non è finita qui. Va anche considerata la contrazione del valore sulle azioni privilegiate e su quelle di risparmio: rispettivamente 704 milioni e 19 milioni. Ancora, c’è un’altra minusvalenza, questa volta realizzata sul pacchetto di 450 milioni di titoli privilegiati ceduti attraverso Goldman Sachs: non sono stati svelati i dettagli dell’operazione, ma tenendo conto delle quotazioni delle azioni Mps all’inizio di giugno (0,8 euro), il rosso è stimabile in almeno 215 milioni.




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