19 gennaio 2012

Ritorna la Lira, The day After


Le care vecchie Mille Lire
Gli investitori che comprano il Debito di stato Italiano ci chiedono interessi sempre più alti (anche se ultimamente vi sono stati alcuni segnali di calmieraggio). Questi soggetti, per prestarci denaro di cui non possiamo fare a meno per mandare avanti la baracca così com'è, potrebbero prima o poi stancarsi e non fidarsi delle fatiche del Governo Monti e a tirare ancora la corda, prenderebbero atto che non riusciremo mai a restitutire quanto prestatoci, inizierebbe la corsa al rientro delle esposizioni con le funeste conseguenze di un default Nazionale.
La totale e completa bancarotta dell’Italia sembra non esser ancora  un’eventualità plausibile ma una ristrutturazione del debito è una possibilità vera, anzi forse una necessità.
Questo vuol dire che i possessori di titoli di Stato (Bot, Cct, ecc.) non incasseranno più gli interessi (la cedola periodica) e alla scadenza dovranno magari accontentarsi al massimo di 70 centesimi per ogni euro investito inizialmente. Una “tosatura” non da poco per i risparmiatori italiani visto che il 14% dei titoli è in mano alle famiglie. Da parte sua lo Stato si scrollerebbe di dosso una buona fetta di debito pubblico e continuerebbe a funzionare quasi normalmente visto che al netto degli interessi il nostro bilancio è quasi in pareggio. Il vero problema riguarderà il collocamento di nuovo debito visto che gli investitori avranno tutte le ragioni per diffidare dell’Italia e chiederanno interessi più alti per compensare il rischio.
Se proviamo ad immaginare cosa potrebbe succedere di seguito, la memoria va al crack Argentino dove la letteratura sull'argomento potrebbe essere diventata un manuale del fallimento per l'Italia.





Le conseguenze di un fallimento
Tra le conseguenze immediate sono previsti: «disoccupazione oltre il 25%», «limite alla quantità di denaro prelevabile », «stipendi dei pubblici dipendenti e pensioni che arrivano in ritardo o non arrivano per niente», «manifestazioni e scontri violenti nelle grande città» e «problemi a reperire generi di prima necessità per metà della popolazione».
Diventerebbe più che probabile che un default selvaggio provocherà anche un’uscita dall’euro con conseguenze devastanti per il Paese. La gente prenderebbe d’assalto le banche per portare fuori i capitali e così lo Stato potrebbe congelare i conti correnti per evitarlo. Senza l’euro verrebbe creata una nuova moneta, con ulteriori complicazioni che derivano dalla necessità di cambiare i trattati europei e di riprogrammare tutti i bancomat e computer.

Il ritorno? Forse il 21 dicembre 2012,
l'anno dei Maya
Se dovesse tornare la lira molti economisti stimano che per mantenere la competitività con l’estero la nuova moneta dovrà essere svalutata tra il 30 e il 60%. Cioè lo Stato stamperà banconote diluendo però la ricchezza dei cittadini. Se ad esempio la nuova lira varrà 1 euro, vuol dire che il mio stipendio anziché 1000 euro ora vale 1000 lire. Fin qui tutto bene. Ma se la benzina mi costava prima 1,5euro al litro, il venditore estero ci vorrà guadagnare l’equivalente in nuove lire, cioè 3,75 in caso di svalutazione del 60%. L’iPhone che costava 500 euro prima della svalutazione, ora mi costerà 1250 nuove lire, con lo stipendio però fermo a 1000. Certo una nuova lira debole favorirebbe le esportazioni, ma è anche molto probabile che gli altri Paesi europei trovandosi una “piccola Cina” a pochi passi possano applicare dazi doganali e altre misure di ritorsione commerciale verso l’Italia, che tra l’altro senza l’euro non beneficerebbe più dei vantaggi del mercato unico. Ma il vero disastro sarebbe soprattutto per le aziende che ora fatturano in nuove lire, ma che devono ripagare i propri debiti esteri in euro e che rischierebbero seriamente di venirne schiacciate. Ecco perché, a differenza di una famiglia o di un’impresa, se uno Stato fallisce le conseguenze saranno difficilmente arginabili.
E pur essendo una nuova Piccola Cina, non sarà possibile sedersi lungo il fiume e attendere il cadavere dei nostri nemici.




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