11 novembre 2011

Il prezzo di Facebook, attento a ciò che scrivi: può costarti caro


Iniziano a moltiplicarsi gli episodi dove l'uso di Facebook può rivelarsi veramente costoso.Probabilmente è un uso improprio, quasi certamente non prefigurato dal suo fondatore, Mark Zuckerberg.Un uso che a volte sfocia in un'ipotesi di reato è da qui ad una querelle giudiziaria, il più delle volte, per nulla virtuale.
Le notizie che si susseguono, ci parlano di episodi come questi:
A Molfetta un imprenditore ha querelato un suo ex collaboratore per averlo definito "bastardo" su facebook. A Torino un professore ha denunciato uno studente per averlo iscritto al social network a sua insaputa e per avergli attribuito perversioni imbarazzanti. Mentre a Firenze sono state presentate almeno due querele per diffamazione a mezzo Facebook. E in una scuola superiore di Colle Val d'Elsa una bidella ha chiesto ad otto studenti un risarcimento danni di migliaia di euro per aver creato sul social network un gruppo contro di lei. Secondo gli esperti, le segnalazioni sono destinate ad aumentare, con utenti, spesso minorenni, costretti a confrontarsi con la legge.

E spesso, come accade di frequente per le cose meno serie, qui non si scherza! Si parla di reati, laddove si voglia applicare il Codice Civile, che non sono proprio noccioline:
Il reato in cui più facilmente possono incorrere gli utilizzatori di Facebook è la diffamazione aggravata dal mezzo di pubblicità: le pene possono arrivare fino a tre anni, con possibili risarcimenti danni da migliaia di euro. A configurare il reato, non solo le offese esplicite all'altrui reputazione, ma anche la pubblicazione di foto di amici in atteggiamenti imbarazzanti o qualche battuta di troppo. Se ci si fa aiutare da un esperto del foro per ipotizzare quali altri casi possano diventare pericolosi, si scopre che ha rischio vi è anche la semplice azione di anche taggare un amico senza freni inibitori (visibilmente alticcio, posizioni al limite dell'oscenità, ecc.) in un locale equivoco. Un'azione all'apparenza innocua potrebbe invece integrare il reato di diffamazione che in caso di querela non permette nemmeno di difendersi sostenendo che l'amico aveva prestato il consenso a farsi fotografare: l'utilizzo, se lesivo della reputazione, è comunque illecito. Niente da fare nemmeno per le mogli gelose che, con una falsa identità, tentano di scovare la relazione adulterina del marito. La sostituzione di persona è un reato punito con la reclusione fino ad un anno. Possibili guai in vista anche per i dipendenti pubblici. Usare facebook sul lavoro potrebbe integrare addirittura il reato di peculato.
Non esiste ancora un vero è proprio decalogo ma vale la pena ascoltare qualche suggerimento:
Utilizzare facebook durante l'orario di lavoro può dare luogo a sanzioni disciplinari da parte del datore di lavoro
Potrebbe essere oggetto di sanzione anche l'utilizzo di Facebook in pausa pranzo: il computer rimane uno strumento aziendale e non deve essere usato con finalità diverse.
Italia, dove la giurisprudenza vieta al lavoratore di svolgere attività incompatibili con lo stato di malattia denunciato, quindi attenzione se la motivazione è l'emicrania che vi impedisce di stare dinnanzi al video in ufficio per poi navigare tanquillamente su facebook a casa (e qui scatta l'operazione di indagine del datore di lavoro o del collega "spione")
Esistono pure dei limiti all'esercizio del diritto di critica da parte del dipendente, e quindi occhio ai gruppi esplicitamente denigratori del tipo "quel cazzone del boss..." dove si mette il "malcapitato" alla gogna più becera perché la critica non deve essere sproporzionata ed eccedere i limiti della continenza.
Se sei un dirigente o i azienda ricopri un ruolo importante, allora scatta l'aggravante perché in questo caso la potenzialità lesiva delle critiche rivolte all'impresa è di massima maggiore, per cui anche la reazione disciplinare può essere più rigorosa.
Quindi da oggi in poi, occhio alla penna (nel senso di: rifletti su ciò che scrivi)! "il nemico ascolta"!

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